Chiara Galeazzi: musa delle parole «che fanno ridere»

Quando ho conosciuto Chiara Galeazzi di persona, qualche mese fa, non mi aspettavo esattamente quello che è successo. L’ho «scoperta» durante il lockdown (attraverso il suo famoso racconto su Immuni), avevo già letto qualche suo pezzo (che mi era anche molto piaciuto)  su D – La Repubblica e – soprattutto – avevo comprato il suo libro (Poverina) ma non lo avevo ancora letto (e l’ho confessato subito). Mi sono bastati due (dài, forse cinque) minuti per capire che di lei mi ero fatta un’idea tutta sbagliata. Quel giorno è stato chiaro fin da subito che il libro (che poi ho letto), e quella parentesi della sua vita, non la rappresentavano più. 

Questo lungo preambolo solo per dire, a chi pensa che Chiara sia «solo» Poverina, che qui del libro parliamo il giusto e conosciamo invece meglio una persona che ha fatto della scrittura, e di una certa comicità sottile, il mezzo che usa «per esplicitare disagio, abbassare i toni, mantenere la lucidità». Chiara è un’autrice, lavora a radio Deejay, scrive, racconta, ride, scalpita, progetta, s’arrabbia, e di cose da dire ne ha proprio tante. È anche molto preparata su profumi, skincare e make-up, per dire. Quindi ora lascerei la parola a lei. 

• Ciao Chiara, come stai?
Ciao MUSA! Sto attraversando una fase frizzantina in cui penso a tutti i progetti che vorrei mettere in piedi, ma è un periodo pieno di impegni, che va via in fretta, e mi fa pensare che non c’è tempo per fare quello che vorrei, e allora mi agito. Ma almeno ora non si suda, qualsiasi cosa è meglio se la si fa senza sudare, anche un attacco d’ansia.

• Ti va di presentarti alle nostre lettrici e di raccontarci qualcosa di te? Chi sei, dove vai, da dove vieni e – soprattutto – di che segno sei?
Sono una partita IVA di Milano, faccio la speaker per Radio Deejay, l’autrice per comici e la scrittrice per dove capita. Vivo insieme al mio compagno Francesco, che è anche collega, in una casa costantemente minacciata dalla «riqualificazione degli scali ferroviari», che aspetto come i Maya aspettavano il 2012. Premettendo che non credo all’oroscopo (e che mi preoccupa questo ritorno in auge), sono del Sagittario, il segno dei dittatori più duraturi: Stalin, Francisco Franco, Augusto Pinochet.

• Cosa sognavi di fare da bambina e quali sono stati i momenti più importanti della tua vita e carriera?
Sognavo di fare quello che faccio in questo momento: scrivere cose che fanno ridere e fare radio. Non avevo considerato che crescendo sarebbe arrivati i brufoli e un’autostima bucherellata, motivo per cui per lungo tempo ho accantonato l’umorismo per scrivere d’altro nelle redazioni di VICE e Rolling Stone. La vera svolta è stata incontrare lo stand-up comedian Saverio Raimondo, che è stato il primo a darmi l’opportunità di scrivere per un programma comico e mi ha permesso di farlo poi con altri. Durante la pandemia ho pubblicato sulla piattaforma Medium un racconto sull’esperienza con l’app Immuni che è diventato virale e mi ha aperto inaspettatamente molte porte, da lì ho cominciato a scrivere più spesso racconti umoristici. Nello stesso periodo mi hanno chiamato da Radio Deejay per lavorare insieme a Francesco, e per me – che fino a quel momento avevo fatto qualche programma su web radio o radio locali – è stato un salto da cui forse sto iniziando a riprendermi ora.

• Quindi, ricapitolando, hai scritto e scrivi per diversi magazine, lavori come autrice TV e in radio, hai un podcast: mi pare d’intuire che le parole per te siano importanti… È corretto? Che funzione hanno nella tua vita?
Per me, più che le parole, è fondamentale il senso dell’umorismo, sia per il lavoro che per la gestione della vita. È il mezzo che uso per esplicitare disagio, per abbassare i toni di una situazione che si sta scaldando troppo, per mantenere la lucidità in momenti in cui potrei perderla o la stanno perdendo le persone intorno a me. Il fatto che riesca a monetizzarci sopra dimostra che sono un genio del male, come quelli del Sagittario di cui sopra.

• Qual è il tuo media preferito?
In questo momento la radio mi sta dando molte soddisfazioni, sia per il formato del programma che faccio insieme a Francesco (Chiacchiericcio – con Chiara e Ciccio, dalle 19 alle 20 su Radio Deejay), sia perché ho sempre meno ansia al microfono, quindi qualche volta succede pure che mi diverto, pazzesco. Rispetto alla scrittura, ultimamente sento la mancanza di siti in cui pubblicare testi non strettamente legati alle news. Ce n’erano un po’ negli anni ’00 e ’10, sono realtà editoriali fallite per più ragioni, prima fra tutte il fatto che poca gente legge (tra l’altro: se siete arrivati a questo punto dell’intervista, COMPLIMENTI!), ma anche perché spesso diventavano la testata di una bolla che, parlandosi addosso, diventava sempre più piccola. Avendo provato più luoghi in cui è possibile pubblicare, posso dire che farlo online – senza limiti di formato e potendo integrare nel testo altri formati (link a video, immagini a commento, didascalie) – è il modo più divertente. Ha solo questo piccolo problema di non essere per nulla remunerativo.

• Vuoi parlarci del tuo primo libro, Poverina (uscito per Blackie Edizioni nel 2023)?
Blackie mi ha contattata nel 2019 per scrivere un libro e ho proposto un romanzo umoristico. Visto che è sempre stato il mio sogno, sono andata in sbattimento totale e ho scritto poco fingendo che avrei rispettato le consegne. Poi a ottobre 2021 mi è venuta un’emorragia cerebrale, sono rimasta in ospedale per un mese e mezzo a recuperare la mobilità del lato sinistro del corpo, e in quel periodo mi sono successe una quantità di cose esilaranti che sembravano fatte apposta per un libro umoristico. Appena rientrata a casa dall’ospedale ho scritto un pezzo sui No Vax, che mi hanno preso di mira sui social augurandomi la morte in maniere ridicole, è uscito per Il Foglio a fine dicembre 2021. Con quello in mano ho detto a Blackie che avrei lasciato perdere quello che (non) stavo scrivendo e avrei cambiato tema. Così è nato Poverina, che per me è un romanzo umoristico, ma so che alcune persone lo hanno preso pensando di trovare quel genere di libro tra l’autofiction e l’autoaiuto, in cui qualcuno che ha avuto una sfiga filosofeggia sulla vita e la morte, in molti casi scrivendo banalità. Il titolo «Poverina» è pensato anche per questo, ironizzare sul fatto che potenzialmente tutti questi libri potrebbero chiamarsi «Poverina», «Poverino», «Poverin*». Io non voglio dare risposte sulla vita e la morte, voglio solo far presente che se una persona è malata, non è che non si accorge che ha davanti qualcuno che si comporta in maniera ridicola.

• Ti cimenterai ancora nella scrittura?
Continuerò finché io e le persone che vedo intorno a me faremo cose ridicole.

• Cosa pensi dell’industria dei media e dell’intrattenimento in questo particolare momento storico?
Penso che siano diminuiti i soldi e quelli che ci sono si sono sparpagliati su molti più media di quelli che c’erano in passato. E tanti media significa tanti performer, che creano tanti pubblici, per cui sta svanendo il concetto di mainstream tradizionale. C’è una grossa difficoltà nel far parlare il nuovo con il vecchio, per resistenze di entrambi. In tutto questo aggiungici che i fruitori hanno sempre meno attenzione. Insomma, non è un periodo semplice, l’impressione è che siamo in una fase di passaggio in cui i vecchi media devono capire che non possono comportarsi come se fosse ancora il Novecento, e quelli nuovi si devono «istituzionalizzare», perché al momento sono un grande caos sotto ogni punto di vista. Io bazzico più spesso i vecchi media e sono circondata da gente più grande di me che mi dice: «Ah, se avessi fatto questo lavoro negli anni ’90 come me adesso avresti pure la casa al mare», e io non capisco cosa si aspettano da me quando me lo dicono. Un applauso?

• C’è qualche professionista che apprezzi particolarmente, da cui hai imparato e a cui guardi? E, in questo senso, ci sono degli incontri che hanno cambiato il tuo modo di concepire lavoro che fai?
Oltre a Saverio, che ho già nominato, un autore che è stato di grandissima ispirazione e che ho avuto la fortuna di conoscere e frequentare è Walter Fontana. A 19 anni ho letto il suo L’uomo di marketing e la variante limone, un romanzo esilarante sulle agenzie pubblicitarie, e ho pensato che avrei voluto fare quello nella vita (scrivere un romanzo esilarante, non lavorare nelle agenzie pubblicitarie, Dio me ne scampi). Per me è il miglior autore comico italiano. La collaborazione con Michela Giraud è stata un altro passo importante: una comica mia coetanea che ha iniziato a fare il suo lavoro più o meno nello stesso periodo in cui io ho iniziato a fare l’autrice, che mi sceglie per darle supporto nei suoi lavori, che ho visto diventare sempre più importanti. È stato come crescere insieme. Poi ovviamente Francesco è stato un incontro fondamentale, è stato un collega da cui ho imparato tantissimo degli aspetti tecnici della scrittura comica e per me la sua stima e il confronto con lui sono fondamentali. C’è anche quella cosa che è il mio moroso, ma sono dettagli.

• Chi sono le tue muse, le donne che più t’ispirano nella vita?
Le mie amiche: ho avuto la fortuna di aver incontrato e di frequentare donne intelligenti ed estremamente divertenti con cui potermi confrontare. Le ho viste costruirsi una vita, rimettersi in piedi dopo periodi devastanti, ribaltare la loro esistenza in cerca della felicità. Sono di grande ispirazione per me, che quando devo prendere una decisione vorrei solo fingermi morta.

• Passiamo alla skin care: come si struttura la tua beauty routine?
Da adolescente frequentavo i forum in cui si studiavano religiosamente gli INCI dei prodotti per trovare quelli perfetti, e la mia pelle faceva cagare. Poi ho iniziato a lavorare e sono diventata massimalista, compravo tutto, mi sono riempita casa di roba da qualsiasi parte del mondo, e la mia pelle faceva cagare uguale. Dopo i 35 anni ho capito che dovevo trovare una strategia sensata per gestire una pelle con tendenza acneica, che comincia a invecchiare. Con l’aiuto di Silvia dello Studio Bianco ho messo insieme quella che ormai da un paio d’anni è una skincare con cui mi trovo benissimo: detersione non troppo aggressiva, siero alla vitamina C e crema idratante (più o meno leggera in base alla stagione), la sera stessa detersione, doppio giro se sono truccata, e olio con retinolo. Una volta a settimana scrub e maschera. Crema solare 50+ quando mi ricordo. Mai avuto una pelle migliore.

• E se parliamo di profumi, cosa mi dici?
Ho iniziato a usarli dopo i 20 anni, quando la mia amica Tania mi ha introdotta alla profumeria di nicchia. All’inizio mi sono buttata sugli agrumati (Eau des Hesperides di Dyptique, primo acquisto consumato fino all’ultima goccia e ricomprato). Quando è uscita la versione eau de parfum del profumo d’ambienti Bybliothèque di Byredo me ne sono innamorata follemente e ho iniziato la fase dei muschi, del cuoio, del tabacco. Poi la mia amica Valentina mi ha fatto sentire Fico d’India di Ortigia ed è entrato tra i miei preferiti. Recentemente devo essermi stufata di tutto questo unisex perché sono sempre più attratta dai gourmand dolciastri, tipo Vanille Cafè di Comptoir de Sud Pacifique o Nectarine Blossom & Honey di Jo Malone (entrambi flirty, uno per l’inverno, l’altro per l’estate). Quest’anno ho usato molto Jazmin Yucatan di D.S & Durga, l’unico fiorito che riesco a sopportare (peccato duri pochissimo, maledetto). Personale ossessione: ritrovare il profumo più simile all’odore dell’Autan in stick della fine degli anni ’80: il primo che ho trovato è Basil & Neroli di Jo Malone, ora però vince Citronella & Geranio di Dyptique. Vorrei osare di più con i profumi, ma per prima cosa non posso permettermi acquisti azzardati, e poi vorrei cementare il più possibile il legame tra profumi e ricordi (ci sono molte ricerche su questo tema, soprattutto legate al declino cognitivo con l’avanzare dell’età) e temo che se usassi troppe fragranze contemporaneamente l’effetto diminuirebbe.

• I prodotti make-up a cui non rinunceresti mai?
Il correttore, il mascara per ciglia e quello per le sopracciglia, un fard liquido e un qualcosa per fare un abbozzo di contouring (adesso sto usando il bronzer Oh Sole Mio di Espressoh – fantastico, come tutto quello che fanno!). Da circa un annetto sto anche investendo in un sacco in ombretti, rossetti, glitter… non so cos’è successo, sarà una crisi di mezza età precoce.

• Tre canzoni che in qualche modo ti rappresentano.
È una domanda difficilissima, perché istintivamente cambierei risposta ogni mese. Sono andata a vedere le fredde statistiche dei supporti dove sento musica e direi che questi sono i brani che sento più spesso e più volentieri:
1. Crystal Waters, Gypsy Woman (She’s Homeless) (La Da Dee La Da Da) [Basement Boy Strip To The Bone Mix] (normalmente ascolto la versione da 7 minuti e 32 secondi, ma va bene anche il radio edit: per me è il pezzo di musica da ballare più bello mai creato).
2. U.S. Girls, Window shades (è il brano con più riproduzioni su iTunes, ed è effettivamente una cosa che mi manda in orbita ogni volta che la sento. Anche il brano soul da cui è tratto il sample è eccezionale, Love is a hurting thing di Gloria Ann Taylor).
3. Philly Devotions, I just can’t say goodbye (il northern soul è stato un genere musicale per cui ho avuto un amore pazzo per qualche anno, ero anche una discreta ballerina. Mi piace che questo sia un brano divertente da ballare, ma se lo ascolti attentamente fa molto piangere, tipo I will survive di Gloria Gaynor).

• Visto che sei una milanese doc: quali sono i tuoi posti preferiti in città?
La Rinascente (non mi soffermo troppo sul perché amo questo posto, ma preciso che l’ultima delle ragioni è proprio lo shopping, visto che non posso permettermi l’80% dei prodotti in vendita), il Santuario di San Bernardino alle Ossa e il percorso del tram 2, da fare possibilmente con qualcosa da leggere.

• Per esempio?
L’ultimo libro per cui ho perso la testa è La fine di una storia di Graham Greene, un romanzo del 1951 ripubblicato da Sellerio. È straziante, carnale, a tratti cinico, come ogni amante abbandonato, e mistico. Le ha tutte.

• Concludo con una domanda di rito: quali sono i tuoi sogni nel cassetto e i tuoi progetti per il futuro, se hai voglia di condividerli con noi?
Il mio sogno sarebbe continuare così, ma con meno paura.

• C’è qualcosa che non ti ho chiesto e che hai voglia di aggiungere prima di salutarci?
No no, già penso di voler cambiare alcune risposte che ti ho dato, figurati se mi metto a fare altre domande.

IG: @chialerazzi

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